Il rischio per il personale sanitario: stress post traumatico a causa del Coronavirus

 

Il Coronavirus ha sconvolto la vita e le abitudini di tutti noi, costringendoci ad isolarci socialmente e a lavorare o studiare da casa. Si tratta però di una lista crescente di perdite, che dovremmo supportare per altre settimane ancora, sconvolgendo le nostre routine, le abitudini e a reinventare la normalità con cui siamo cresciuti. Questo tipo di sconvolgimento prolungato della vita così com’era, secondo gli esperti può portare a stati d’ansia, depressione, rabbia e dolore.

 

Si tratterebbe infatti di uno stato emotivo, simile al dolore provato per la perdita di una persona cara, chiaramente sostituita dalla perdita delle esperienze. Siamo stati privati dal senso di libertà ed è solo ora che ci accorgiamo di tutte quelle cose che abbiamo dato per scontato. Lo stress del fine mese e l’isolamento ininterrotto, hanno un fortissimo impatto sulla salute mentale. 

Vengono quindi messi a dura prova le famiglie con precarie condizioni economiche, che vedono aggiungere allo stress del contagio, quello dello stipendio di fine mese. Dana Garfin, psicologa della salute, ha detto che l’esperienza dello stare a casa durante una pandemia è da considerare un trauma collettivo, simili a quelli causati da terremoti, uragani o attacchi terroristici.

Visti poi i continui cambiamenti e le precauzioni da prendere ogni giorno, può risultare difficile la visione della vita dopo il Coronavirus. L’esposizione prolungata al trauma può causare l’ipervigilanza, conosciuta anche come “la risposta di lotta o fuga”. A lungo andare essa causa problemi cardiovascolari, depressione, ansia e anche disturbo da stress post traumatico (PTSD).